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L’Egittologo / Sergio F. Donadoni

giovedì 30 dicembre 2004

Egittologo, accademico dei Lincei.
Postfazione alla prima edizione de "le Colonne d’Ercole. Un’inchiesta", aprile 2002. Pubblicato su "la Repubblica" del 30 aprile 2002, con il titolo "Quel Confine tra i due Mondi".

È un libro curioso, questo. Tanto per quello che dice, quanto per come lo dice. Ostenta il processo (nato da un misto di curiosità, di incertezza, di audacia) del suo formarsi e del suo significare, seguendo i momenti del suo svilupparsi nella mente e nella fantasia (e, da un certo momento in poi, nella coscienza) del suo autore.

Si presenta come un "Libro Segreto" che - quasi un ossimoro - ci si compiace a mettere in evidenza pubblicamente.

Ho a casa un orologio che, sulla faccia opposta a quella del quadrante che indica l’ora, fa vedere attraverso il vetro il gioco del bilanciere, le ruote e le rotelle, i perni dentati che s’intricano in un mobile ingranaggio. Sarebbe un bel simbolo di questo - stavo per dire "libro", ma meglio direi - esperimento morale oltre che intellettuale.

Nel mio orologio, alla fine, quello che conta è il quadrante: e così nell’avventura intellettuale del Frau, quel che conta sono i risultati cui perviene, che sommariamente possono essere assai bene identificati.

La strozzatura fra la Sicilia, Malta e Libia, Tunisia divide il Mediterraneo in due parti assai ben definite, tanto geograficamente che storicamente, opponendo un’area genericamente "greca" e una genericamente "fenicia". Che questa strettoia possa rappresentare le più antiche "Colonne d’Ercole", il limite di una zona di normale esperienza della marineria greca fino al momento in cui le "Colonne" saranno trasferite là dove tradizionalmente le conosciamo, è la intuizione preliminare, la cui dimostrazione avvalorante e le cui conseguenze storiografiche sono il corpo dell’opera.

Che le Colonne siano trasferite non è, in sé, così avventuroso come pare a prima vista: già in antico esse sono state collocate qua e là per il mondo conosciuto, e sono - assai più che non un definito luogo geografico - un confine fra il noto e l’ignoto. Ma, in questo caso, l’interesse della ricerca sta nell’averlo agganciato a una esplorazione delle fonti antiche, abilmente mascherata da una subdola ostentazione di incertezza e di sgomento davanti alle aporie che ne derivano dall’interpretazione tradizionale.

Se questa si trova spesso costretta a emendare il testo tràdito o a incolpare di ignoranza gli antichi, il Frau mostra volta a volta come, riplasmando la geografia preellenistica entro i limiti di queste sue colonne fra Malta e Libia, non ci sia bisogno di correggere testi antichi o bacchettarne gli autori.

Si riporta così l’orizzonte dei Greci più antichi (da Omero ed Esiodo a Erodoto, per così dire) ai mari che li circondano e che li uniscono alle loro colonie, lasciando a un severo controllo fenicio-punico il Mediterraneo occidentale.

Naturalmente il sistemare questa complessa visione e questa rilettura dei testi comporta una minuziosa analisi, e non è detto che si possa sempre esserne persuasi, specie davanti a un impiego troppo (come dire?) realistico dei dati, come quelli omerici o esiodei, naturaliter fuori dalla localizzazione geografica e dalla temporizzazione cronologica. Ma quel che senz’altro si apprezza è la rivalutazione delle fonti, e la sensibilità per l’inquadramento storico a cornice (e anche a struttura portante) del discorso. Che appare particolarmente interessante là dove, a un certo momento si deve pur tenere e dar conto che le Colonne d’Ercole si stabiliscono definitivamente a fiancheggiare il passaggio fra il Mediterraneo e l’Atlantico (fino a inquadrare lo stemma dell’imperatore Carlo V).

Una analisi delle fonti porta il Frau a collocare in età ellenistica il momento del trasferimento. Che viene così ad essere inquadrato in una nuova concezione del mondo. Dopo che Alessandro ne aveva aperto i confini orientali, un analogo ampliamento deve lasciare al mondo greco la sua situazione di centralità, e ad Alessandria le ricerche cosmologiche di Eratostene determinano anche un’attività cartografica in cui le Colonne riassumomo la loro funzione di limite, ma di un orizzonte più ampio.

A fianco e a frutto di questa mossa storia geografica, possono nascere altre considerazioni, in parte determinate dalle esigenze stesse della ricerca.

Tutte quelle attività che le fonti attribuiscono ai Fenici che oltrepassano le Colonne d’Ercole, e che li portavano nell’Atlantico fino all’Inghilterra, debbono ora essere possibili nella parte occidentale del Mediterraneo. E così la Sardegna, precocemente fenicia, si assume le funzioni tradizionalmente attribuite alle isole britanniche come luogo del commercio dei metalli, e si riporta così in un quadro più compatto il teatro dell’attività commerciale e della navigazione fenicia.

Una volta collocata la Sardegna oltre le Colonne d’Ercole, si può facilmente proporla come quella Atlantide che in tale collocazione è detta nelle parole di Crizia.

Frau sa bene che ci si muove qui in un terreno estremamente pericoloso e lubrico, e la sua esperienza di scrittore gli consente di adottare una efficace e maliziosa strategia. Con una manovra avvolgente di citazioni di autori antichi e moderni, presentate come il verbale di una seduta di cui egli è il moderatore, convoglia testimonianze ed opinioni a sfociare in una giustificazione della identificazione.

Se l’Atlantide di Crizia e la Sardegna transcolonnare di Frau sembrano condotte a coincidere, resta pur sempre il dubbio ultimo che il racconto di Crizia arricchisca di coloriti particolari il mito sempre ripetuto dell’isola favolosa che si inabissa, in una geografia miticamente lontana. E, così, l’abilità con la quale si tesse qui il riscontro fra Crizia e i dati archeologici e la loro significanza per una ricostruzione fattuale, mi interessa fondamentalmente in quanto semplice lettore.

Se ho sempre un po’ paura della storia ricostruita su deduzioni e su ipotesi, debbo dire che, in realtà, so bene che ogni arricchimento di sapere nasce proprio dalla capacità di fare ipotesi e di trarre deduzioni.

Insomma, di passare oltre le Colonne d’Ercole, come ha fatto Frau.