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In difesa di un appalto...

Alfonso Stiglitz

L’intervento dell’impiegato comunale/archeologo Stiglitz ha inviato al sito degli Orientalisti

venerdì 21 gennaio 2005

Sent: Thursday, January 13, 2005 2:49 PM
Subject: stiglitz orientalisti

A proposito di non valerne la pena, tempo fa qualcuno, non ricordo chi, chiedeva se ci fossero recensioni critiche del libro di Sergio Frau. Vi spedisco, se può interessare, quella che ho fatto io e che dovrebbe uscire questa settimana (salvo censure) sulla Nuova Sardegna. È in corso, in Sardegna, una potente offensiva mediatica a favore di Frau: entrambi i quotidiani sardi hanno pubblicato paginoni a favore, con recensioni della indegna mostra Atlantika, esposta all’aereoporto di Cagliari; la mostra verrà esposta dall’Unesco a Parigi! La recensione ironica e arrabbiata segue una gita domenicale di autorevoli studiosi (tra i quali Guzzo Amadasi, Ribichini, Mastino) nei nuraghi del Sinis tra i quali quello che sto scavando da 24 anni; in un giorno hanno stabilito che è stato coperto dal maremoto e, qualcuno (Beschaouch) ha deciso che non andava più scavato!
Purtroppo si avvicinano tempi bui se anche gli autorevoli studiosi si fanno coinvolgere in queste pagliacciate: vi ricordate le teste di Modigliani a Livorno? Questo è peggio. Dimenticavo gli articoloni dei quotidiani non hanno mai riportato le opinioni critiche, salvo definire chi non è d’accordo: archeologi autoreferenziali (Unione Sarda), nomenklatura (Nuova Sardegna), archeologi governativi (Unione sarda: che, detto per inciso, è un quotidiano spudoratamente filogovernativo; forse voleva essere un complimento). Cosa ne pensate?

Onde anomale
Dalla Nuova del 30.9.2004 apprendiamo che nei giorni scorsi c’è stato un incontro di boxe tra Sergio Frau e i suoi oppositori e che un autorevole consesso di "giurati-arbitri" ha aggiudicato il primo round al giornalista. Una giuria che ha svolto anche il compito di arbitro e di consulente scientifico di uno dei combattenti, composta da autorevoli studiosi di varia provenienza, ma accomunati dal non essere esperti della materia oggetto del match, il mondo nuragico. Poi, un giornalista appassionato di archeologia, ma allergico ai rapporti di scavo: non riesce a leggerli proprio, è più forte di lui. E poi? Basta, sul ring non c’è nessun altro, l’organizzatore dell’incontro si è dimenticato di invitare l’altro contendente. Dirò di più, visto che l’oggetto della rapida (rapidissima: una gita domenicale) indagine erano i nuraghi del Sinis, l’organizzatore, il Gal del Montiferru-Barigadu-Sinis, ha dimenticato di invitare alcuni dei propri componenti e gli archeologi che quei nuraghi, pozzi e villaggi scavano con poche, pochissime risorse e senza giornalisti al seguito. Dirò di più, gli assenti sono stati oggetto di critica e messi K.O.: nomenklatura.
Mi presento sono la nomenklatura, uno di quegli archeologi con il brutto vizio di fare ipotesi scientifiche, di scavare e di cercare prove; uno di quelli che in trent’anni di scavo (ho la mia età) nel Sinis e altrove non ha visto ciò che gli autorevoli esperti, in una gita domenicale, hanno capito senza neanche bisogno di impolverarsi o di leggere quelle fastidiose unità stratigrafiche, oggetto della cupidigia della nomenklatura. Permettetemi di illustrarvi, cari lettori, quello che finora pensavo di aver capito in tanti anni e cioè che la civiltà nuragica non è scomparsa improvvisamente, ma si è evoluta e trasformata in sintonia con i tempi, una civiltà dinamica non condannata da un destino cinico e baro (nelle vesti di un giornalista). Alla fine della loro funzione i nuraghi sono stati trasformati, la società nuragica ha sperimentato, per secoli, altre forme, ancora più ricche: lo dimostrano i pozzi sacri, i grandi santuari, gli abitati, i bronzetti, poi le statue e tutti, stranamente, localizzati negli stessi posti dove dovrebbe esserci stata l’onda anomala e l’esodo di massa.
Altro che crisi e scomparsa, è una società che non ha subito un tracollo epocale. Lo schiaffo di Poseidone, l’onda anomala, lo tzunami, chiamatelo come volete, non esiste. Le prove?
Nell’area visitata dalla gita domenicale l’esempio più clamoroso è il nuraghe s’Urachi di San Vero Milis, il secondo dell’isola per dimensioni, quello preferito dal prof. Beschaouch e anche il mio, visto che gli ho dedicato 24 anni della mia vita (a proposito a fine ottobre riprendiamo gli scavi dopo nove anni di interruzione: sapete, siamo poveri; se vi capita di passare in quelle zone vi illustrerò i lavori). Ha una vita lunga 1800-2000 anni, tutti testimoniati da strati di vita, le famigerate unità stratigrafiche, una sopra l’altra, per quasi dieci metri di altezza, nessuna delle quali testimonia strati di alluvione o maremoto. Come nuraghe il suo uso copre il Bronzo Medio e quello Recente (XV-XII sec. a.C.), la bella età dei nuraghi come la chiama Lilliu. Dopo diventa obsoleto, non è più al passo dei tempi, non risponde alle esigenze di una società in rapida evoluzione, ma l’area continua a essere intensamente abitata dai nuragici; più tardi (VII sec. a.C.) diventa il caposaldo fenicio del territorio di Tharros. E poi, ancora, centro punico e santuario, quindi romano a lato della strada che porta verso il Korakodes portus. Fino all’abbandono in età ardoromana. Questo ci racconta quel cumulo di terra alto 10 metri, una storia ben più interessante e coinvolgente di un onda anomala, buona forse solo per il surf.
Questo ci raccontano gli altri centri nuragici scavati nella zona: il pozzo sacro di Cuccuru is arrius di Cabras, la fonte di Funtana pidighi di Solarussa, il nuraghe del Rimedio e altri. Come quella fonte nuragica che scavai nel 1982, con Gianni Tore, sulla spiaggia di Sa Rocca Tunda. Poggiava sul paleosuolo rosso, tipico del Sinis ed era coperta dalla sabbia dell’abbandono esattamente come si è verificato nel più antico villaggio
nuragico di Su Murru Mannu a Tharros. Tutti sono stati, evidentemente, saltati dallo tsunami (emulo di Platini?).
Vorrei continuare e parlarvi di una Sardegna-Atlantide che non esiste, di uno stretto di Sicilia che non era così stretto, insomma riportarvi da una geografia fantastica a quella reale che, vi assicuro, è molto più avvincente e affascinante, ma ho esaurito lo spazio a mia disposizione. Voglio chiudere con una domanda al prof. Beschausch, rappresentante dell’UNESCO. Una domanda che gli rivolgo come archeologo ma anche come figlio di un funzionario dell’UNESCO che per molti anni rischiò la vita in
America Latina per combattere l’analfabetismo cronico di quei paesi. Chiarissimo professore, come può l’UNESCO avvallare questo chiaro esempio di analfabetismo scientifico?
Alfonso Stiglitz


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