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Lettera della prof.ssa Anna Maria Bietti Sestieri (20 dicembre 2004)

venerdì 21 gennaio 2005

ISTITUTO ITALIANO DI PREISTORIA E PROTOSTORIA

50122 FIRENZE - VIA S. EGIDIO, 21 TEL. E FAX 055/2340765


IL PRESIDENTE

Firenze, 20 dicembre 2004
Prot. 7868
Dott. Sergio Frau
La Repubblica
Via Cristoforo Colombo 90
00147 Roma

Caro dottor Frau,

la ringrazio molto per l’invio delle sue pubblicazioni, che in parte conoscevo, ma che mi ha fatto comunque molto piacere ricevere. Se fra i miei lavori di protostoria c’è qualcosa che le interessa, sarò lieta di ricambiare la sua cortesia.Il punto però, come entrambi sappiamo bene, non è questo, e vengo quindi alla lunga missiva che per mio tramite lei ha inviato all’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria.

Devo in primo luogo augurarmi che i giudizi contenuti nella sua lettera su noi dell’Istituto siano stati espressi in modo quantomeno affrettato: già alla terza riga ci dà degli ottusi oscurantisti, una definizione, ne converrà, che non si presenta precisamente come un invito alla pacata discussione fra studiosi; poco dopo si rammarica della nostra ‘imbarazzante leggerezza’ nel farci ‘inconsapevole cassa di risonanza’ di un’aggressione nei suoi confronti. Poi parla di una ‘scomunica ridicolmente sacralizzata dal nostro pulpito’, del nostro ‘autorevole quanto superficiale imprimatur’, del fatto che l’Istituto si sia affrettato a concedere sempre lo stesso imprimatur di fronte a ‘un pool di cervelli che può anche fare impressione’, della ‘copertura’ da noi concessa a comportamenti nefandi passati e futuri, della ‘sporca avventura in cui l’Istituto è stato trascinato’, di aver permesso che una ‘ridicola lamentela’ venisse lanciata dall’autorevole pulpito dell’Istituto, di aver perpetrato contro di lei un ‘linciaggio a cuor leggero’ e un ‘anatema per conto terzi’...
Suvvia, caro collega, non le pare di esagerare
Non crede che esprimere in questo modo le proprie rimostranze di fronte a un dissenso scientifico non possa che ottenere un risultato opposto rispetto a quello da lei presumibilmente desiderato?
Le posso assicurare che l’adesione dell’Istituto all’appello già sottoscritto da studiosi di varia provenienza è stata convinta e unanime, tanto che nelle diverse sedi nelle quali è stato presentato nessuno si è pronunciato contro di esso, e che molti soci dell’IIPP lo avevano già sottoscritto a titolo personale. Sollecitata dalla sua vibrante prosa, ho riletto l’appello con più attenzione, e devo dirle che ritengo che il dissenso scientifico venga espresso in modo assolutamente civile, con un tono e uno stile perfettamente condivisibili anche da chi non sia d’accordo su tutti i punti che in esso vengono toccati.
E infatti credo che il nocciolo della questione non sia in realtà il dissenso - che pure molti di noi condividono - sulle ricostruzioni e sulle ipotesi che compaiono in particolare nei suoi scritti, ma anche in quelli di molti altri autori. Credo sinceramente che tutti noi siamo convinti da un lato della serietà con cui lei si è dedicato alla ricerca sulla protostoria mediterranea, della originalità di almeno alcune delle sue proposte e quindi della possibilità di condividerle; dall’altro del diritto di ognuno di esprimere e diffondere liberamente le proprie idee.
Ciò che invece non può essere condiviso, e che purtroppo oppone, temo irrimediabilmente, la comunità scientifica dei preistorici italiani ad alcune sue posizioni, può essere sintetizzato in tre punti principali.

1 - Nessuno studioso della nostra disciplina può disporre quando crede di una cassa di risonanza per le proprie elaborazioni scientifiche paragonabile alle pagine della cultura di un quotidiano come La Repubblica. Questa innegabile rendita di posizione, della quale un giornalista come lei gode rispetto a qualsiasi normale studioso delle nostre discipline, dovrebbe essere messa da parte da chi cerca un confronto di idee alla pari; ma che un confronto di questo genere non sia in programma nel caso specifico è dimostrato semplicemente dal fatto che non è stato mai proposto, né da lei, né dal suo giornale. Nella sua lettera, come in molti suoi scritti che ho letto negli ultimi anni su Repubblica, lei esprime liberamente giudizi spesso sprezzanti su studiosi dai quali dissente o che dissentono da lei, mentre elogia regolarmente quelli che si dichiarano in qualche misura d’accordo con le sue idee. Nessuno potrebbe sostenere in buona fede che questo sia un modo corretto di condurre un dibattito scientifico.

2 - Non è possibile, tanto meno in un momento politico come quello attuale, sparare a zero sulle Soprintendenze Archeologiche (una o tutte fa lo stesso), sempre sotto l’ombrello protettivo del proprio giornale. Non faccio naturalmente commenti sulle accuse e sugli apprezzamenti negativi da lei rivolti in particolare a una delle Soprintendenze Archeologiche della Sardegna, che lascio interamente alla sua responsabilità.
Le Soprintendenze, un mondo che conosco bene e dal quale provengo, hanno molti difetti, e i cittadini e i giornali farebbero bene a chiedere cambiamenti, soprattutto una maggiore apertura verso il pubblico, le amministrazioni locali e gli altri studiosi e associazioni che sono interessati alla conservazione e alla conoscenza del patrimonio archeologico del paese. Ma non è possibile, soprattutto da parte di un giornalista che si è sempre occupato di cultura, ignorare che le Soprintendenze restano l’unico baluardo contro l’uso improprio e indiscriminato, se non la rapida distruzione, di questo patrimonio. Meglio, molto meglio una Soprintendenza imperfetta piuttosto che la tutela e la conservazione dei beni archeologici affidata solo a dilettanti di buona volontà, a volontari part-time e ad amministrazioni locali che nel migliore dei casi possono destinare all’archeologia risorse ancora più esigue di quelle dello Stato, e nel peggiore non sono in grado di resistere alle pressioni di costruttori e speculatori, quando non le condividono direttamente.

3 - L’amore per la propria regione, o nel caso specifico per la propria isola, è un sentimento bello e rispettabile; ma su questo terreno nessuna disciplina si presta come l’archeologia a un uso distorto di ipotesi e teorie che si dichiarano scientifiche. Non è necessario che le ricordi la storia recente e contemporanea per sottolineare il ruolo nefasto che un uso scorretto della documentazione e dell’informazione archeologica può avere nel suscitare nostalgie di paradisi perduti ed età dell’oro, e nel fornire il pretesto per rivendicazioni di superiorità culturale ed etnica e per aspirazioni autonomiste che sarebbe difficile giustificare altrimenti. Francamente, mi sembra che molte delle sue tesi si prestino, seppure non intenzionalmente, ad alimentare manifestazioni del genere. E’ precisamente questa una delle ragioni per cui considero assolutamente auspicabile un confronto scientifico aperto e serio, che metta un pubblico di non specialisti in grado di valutare la bontà delle teorie che gli vengono proposte e le pericolose implicazioni di una esaltazione acritica del proprio passato.

Spero di averle spiegato nel modo più chiaro possibile la posizione mia e dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria. Mi auguro che voglia riflettere su questa lettera, considerandola per quello che effettivamente è: non un messaggio ostile, ma piuttosto un invito al confronto e al dialogo.

Con molti cordiali saluti

Anna Maria Sestieri

http://www.iipp.it - e.mail: iipp@iipp.it segreteria@iipp.it rsp@iipp.it


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