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Il Poeta / Leandro Muoni

giovedì 30 dicembre 2004

Pubblicato su "La Nuova Sardegna" del 27 giugno 2003, con il titolo "L’identità fa un salto di paradigma".

La Sardegna e i sardi non cessano di stupirci. Recentemente si è acceso un vivace dibattito attorno a un libro che li riguarda da vicino, e che sta mettendo a rumore gli ambienti culturali dentro e fuori dell’isola. Si tratta de "le Colonne d’Ercole. Un’inchiesta". L’autore è un giornalista e scrittore sardo "mezzosangue". Si chiama Sergio Frau, è uno degli inviati di "Repubblica" e sta letteralmente rivoluzionando le nostre credenze circa la tradizionale identificazione ab antiquo dello Stretto di Gibilterra con le Colonne d’Ercole, oltre i cui confini si estendevano per i nostri avi il mistero e l’ignoto. Ma nel suo libro ci sono anche altre intriganti novità. Infatti Frau, con ragionamento stringente, appoggiato su documenti e testimonianze antiche e moderne rigorosamente vagliate e confrontate, è giunto alla conclusione che le fatidiche Colonne debbano essere spostate (anzi "restituite") al centro del Mediterraneo, precisamente al Canale di Sicilia, e che la mitica Atlantide non fosse altro che l’Isola dei Sardi. E per di più che tra Sardi ed Etruschi intercorresse una vera e propria parentela, anzi una continuità storica. Ora, qui non ci interessa tanto mettere in luce le argomentazioni serie e rigorose di Frau e sottoporle ad una critica di tipo storico-archeologico, che sopravanza le nostre competenze in materia. Anche se ci risulta che fior di specialisti stanno suffragando a gara le sue tesi. Qui a noi preme un altro punto, che si potrebbe definire di pertinenza della mentalità culturale e dell’immagine simbolica di un popolo, messe in campo e agitate da questo libro-evento. Ebbene, se le teorie di Frau sono esatte, come effettivamente sembra, allora in un certo senso per la Sardegna e la sua cognizione dell’identità, per il suo autoriconoscimento del legame tra passato e presente, per la sua stessa progettualità storica nulla potrà più essere come prima: tutto cambia, soprattutto rispetto all’attuale direzione di marcia della società isolana. Giacché in questo modo vacilla, anzi crolla il suo "romanzo delle origini" (così l’ha definito e descritto Nereide Rudas, raffinata esploratrice dell’inconscio collettivo isolano), svanisce il mito di "su connottu", cioè il paradigma della civiltà nuragica come immobile "età dell’oro", depositaria e garante della specialità sarda esclusiva. In altre parole lo stesso edificio etnico-culturale messo in piedi fino ad oggi, anche faticosamente e con una tensione a tratti utopica, per fare da piedistallo alla Sardegna contemporanea, si rivelerebbe all’improvviso fuorviante, e inadeguato a rispecchiare l’immagine emblematica della genesi e del processo storico della realtà isolana. Lo stesso concetto di "appartenenza" si modificherebbe. Insomma, l’argomento "teoria delle origini" in funzione dell’oggi e del domani andrebbe rivisto. Un simile argomento, che è da considerarsi di estrema importanza, come ci ha mostrato peraltro Nereide Rudas nella sua "Isola dei coralli", quando ha posto l’accento sulla "centralità" simbolica degli "itinerari dell’identità", riaffiorerebbe in tutta la sua pregnanza e potenza attuale, caricato questa volta di valori simbolici differenti e divergenti. Una sorta di revisionismo radicale, di terremoto ideologico-culturale si profilerebbe all’orizzonte. Infatti noi vediamo che la Sardegna nell’ipotesi del "romanzo delle origini" di Sergio Frau si costituisce dapprima come mito e utopia per poi divenire, dopo un evento "catastrofico" eccezionale ma in qualche modo "propulsivo" (simmetrico alla cosiddetta "catastrofe antropologica" dei moderni: preludio viceversa, quest’ultima, a una reazione "regressiva"); per poi divenire - dicevamo - una realtà tutta in movimento e trasformazione, proiezione oltre se stessa, anche spazialmente, anziché cristallizzazione. Realtà che si trasferisce in un quadro storico più ampio, caratterizzato dalla piena aderenza e adesione alle vicende della Penisola, e della sua antica civiltà italica, nella quale anzi la "nuova Atlandide" giocherebbe un ruolo significativo, fondendosi con la civiltà etrusca. Pertanto la Sardegna odierna dovrà, se è giusta l’ipotesi, prendere atto di tutto ciò. Dovrà cioè riformulare e ridefinire il suo modello culturale, il suo progetto per il futuro. Il quale sarà d’ora in avanti un progetto più mobile, più relazionale, diverso dal ritorno circolare sul proprio perno e dalla cristallizzazione. Insomma un progetto realmente aperto ed evolutivo. Un acuto psicoanalista, dotato di grande indipendenza di giudizio, Rollo May, ha scritto pagine memorabili a proposito dell’importanza che esercita il "richiamo del mito" nel segnare il destino collettivo. Ha addirittura sostenuto che spesso sia proprio il "mito" a produrre la "storia" e non viceversa. Sembrerebbe una teoria elaborata apposta per il caso Sardegna. Ora, posto che la scoperta di Frau sia veritiera, e che il "mito delle origini" sia dunque da considerarsi mutato radicalmente in rapporto anche alla posizione individuale e relazionale della Sardegna nel contesto mediterraneo, se noi accettiamo il principio di May, che il mito cioè produca la storia, dovremmo coerentemente assumere nell’isola un nuovo atteggiamento capace di rimodulare tutto il nostro asse simbolico-culturale. Sarebbe una ragione in più per esplorare e costruire quell’identità isolana responsabile che vorremmo consegnare ai nostri figli e nipoti. Un’identità aperta, problematica e dialettica: dove l’aspetto culturale, storico, ambientale e paesaggistico siano le chiavi di volta dello sviluppo di una Sardegna affacciata senza complessi all’alba del nuovo millennio. Una Sardegna finalmente davvero matura: dotata, munita e attrezzata contro ogni possibile minaccia interna ed esterna. E in maniera sul serio coerente: non solo protestataria o regressiva, non solo in forme di "resistenza residuale".