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L’Astrofisico / Vittorio Castellani

mercoledì 29 dicembre 2004

Fisico, astrofisico, archeologo, Accademico dei Lincei.
Pubblicato su "Diogène" numero 204/2003 (Revue trimestrielle publiée sous les auspices du Conseil international de la philosophie et des sciences humaines et avec l’aide de l’UNESCO), con il titolo "Atlantide - Sardaigne".

Da oltre un secolo la ricerca storica sulle lontane origini della nostra civiltà ha acquistato un grande rilievo nell’immaginario della cultura occidentale, sempre più attenta alla ricerca delle proprie radici. A partire dall’ottocento inizia la riscoperta delle grandi civiltà che avevano preceduto la classicità greco-romana. A fianco di Egiziani, Assiri o Babilonesi riemergono alla luce della storia Sumeri, Ittiti, Minoici e cresce nel contempo la consapevolezza di quanto non solo il mondo greco-romano ma, con esso, anche la nostra attuale civiltà sia in ultima analisi debitrice di tutta una serie di acquisizioni culturali che sono andate tramandandosi di generazione in generazione attraverso le varie forme ed i vari momenti della civilizzazione.

Mentre negli ambienti accademici le scienze archeologiche si andavano affermando e raffinando, il pubblico - il cosiddetto "grande pubblico" - si è andato anch’esso avvicinando a queste problematiche, un poco attraverso la scuola, molto attraverso la divulgazione erudita ma, e purtroppo, molto anche attraverso il nascere e proliferare di un "esoterismo archeologico" che ha tentato e tenta ancora ogni giorno di piegare i risultati della ricerca storica ad una irrazionale ansia di mistero e di fiaba. E così le maestose Piramidi dei Faraoni egizi o il grande "tempio" megalitico di Stonehenge in Inghilterra sono diventati famosi non solo per quel che ci raccontano sul passato dell’Uomo, ma anche per quel che da alcuni gli si vorrebbe far raccontare su ipotizzate e meravigliose scienze occulte ormai perdute, su incredibili facoltà divinatorie degli antichi quando non si giunge all’intervento di civiltà extraterrestri.

In tale contraddittorio contesto si colloca il famoso mito di Atlantide. All’origine un brano di Platone che, nei suoi Dialoghi, narra di un sacerdote egizio che - limitandoci alle linee essenziali - avrebbe parlato a Solone di un’antica civiltà posta nell’Isola di Atlantide, al di là delle Colonne d’Ercole, civiltà che in tempi antichissimi avrebbe mancato per poco di conquistare tutta l’Europa e che scomparì infine sommersa dai flutti del mare. Brano che per ormai due millenni e mezzo ha suscitato il curioso interesse di intere generazioni. Se ne occupò persino Aristotele, suggerendo di collocare l’Atlantide là da dove proveniva: cioè nella fantasia di Platone. Sordi a questo consiglio se ne occuparono lungo il tempo centinaia di persone che, sorde talora anche alle evidenze storiche o geologiche, finirono col collocare Atlantide in Crimea, in America, in Nigeria... per giungere sino all’Antartide.

Se ne occupò - ahimè - anche chi scrive, fisico per vocazione e mestiere, e quindi con un amore per la ricerca razionale che lo ha portato talora a sconfinare, sia pur prudentemente, in alcuni accadimenti della storia antica. In un modesto libretto, ormai uscito di circolazione, premettendo che il problema di Atlantide non è certo problema di archeologia ma di mera curiosità erudita, avanzavo non l’ipotesi ma l’evidenza che se proprio si vuol dar fede a Platone, allora la geologia ci pone sottomano un fenomeno che potrebbe collegarsi a quel racconto: l’innalzamento dei mari alla fine dell’ultima glaciazione e la conseguente sommersione di vasti territori popolati. Concludendo che in tal caso, i migliori candidati per un’Atlantide al di là delle Colonne d’Ercole erano le attuali isole britanniche. Ma era sbagliato!

Me ne ha subito convinto l’apparizione dell’incredibile libro di Sergio Frau: "le Colonne d’Ercole. Un’inchiesta". Incredibile perchè Frau, con alle spalle una lunga e valida carriera di giornalista, con il taglio ed il rigore del giornalista serio conduce una vera e propria inchiesta nella protostoria del Mediterraneo, ricercando ed attingendo ad una mole di documentazione che parrebbe accessibile solo ad una élite di archeologi professionisti. Ho detto giornalista, ma ora aggiungo giornalista e sardo, perchè solo un profondo amore per la sua Sardegna gli può aver dato il coraggio e la pazienza necessari per affrontare una ricerca sterminata, destreggiandosi in una mole quasi infinita di informazioni sino a trarne quel quadro coerente e convincente che ci presenta nel suo libro, restando sempre ancorato alle testimoniamze storiche e tenendosi in ogni momento ben lontano dal fantasioso o, peggio ancora, dall’irrazionale.

Il punto di partenza della ricerca di Frau è il classico "uovo di Colombo": ma siamo sicuri che per gli antichi le Colonne d’Ercole fossero là dove le poniamo noi oggi? La risposta è, probabilmente, no, e Frau porta corposi indizi che suggeriscono come in epoche antichissime, là dove si deve collocare il racconto di Platone, il mare conosciuto e percorso dagli egiziani e dai greci avesse le sue Colonne d’Ercole non nella lontanissima Spagna ma in una sua più prossima estremità occidentale, il Canale di Sicilia, racchiuso tra le propaggini della Sicilia stessa e l’estrema punta della Tunisia. Ed ecco che di colpo si fa tutto subito chiaro, e, in particolare, si fa chiaro quanto Platone dice nel Timeo di Atlantide: "perché davanti a quella foce che viene chiamata, come dite, le Colonne d’Eracle, c’era un’isola... e a coloro che procedevano da essa si offriva un passaggio alle altre isole, e dalle isole a tutto il continente che stava dalla parte opposta intorno a quello che è veramente mare".

Passo che ha formato la croce di tutte le collocazioni di Atlantide, e che mal si attaglia, e con fatica, anche all’ipotesi delle isole britanniche. Tutto invece pare ora diventare chiaro. Al di là del canale di Sicilia c’è Atlantide-Sardegna, e al di là ancora altre isole sino ad arrivare al continente che, dall’Italia alla Spagna ed alle coste africane, davvero circonda un mare: il Tirreno-Mediterraneo. E se questo fosse vero, allora Atlantide esce dal mito e diventa un pezzo di storia, storia di quella Sardegna archeologicamente ancora così poco studiata, ancora così assente dalla storia dell’antichità a dispetto della sterminata presenza dei suoi imponenti nuraghi, a dispetto degli straordinari pozzi sacri e delle tante altre antichissime ma ancor mute testimonianze di civiltà.

Ma il libro di Frau non è solo questo. Parte dalla Sardegna-Atlantide per condurre per mano il lettore ad un’entusiasmante rilettura della protostoria europea, seminando dubbi e suggerendo correlazioni, talora evidenti, talora più azzardate, ma sempre stimolanti e degne di considerazione. Un’indagine a tutto campo ove si affacciano e si intrecciano in inattese sinergie tutti gli antichi popoli mediterranei, dai greci ai fenici, sino agli ancora misteriosi "Popoli del Mare". Se ne trae un riposizionamento delle nostre conoscenze sul mondo antico che, nato dall’inchiesta di un giornalista, non mancherà di lasciare tracce nella cultura accademica che non a caso, pur giustamente gelosa delle sue prerogative e sospettosa degli sconfinamenti di campo, ha già mostrato grande attenzione a questa fatica di Sergio Frau. Come testimoniato in calce al testo dagli interventi di illustri cultori di varie discipline archeologiche.

Aggiungiamo, per completezza, che si è in presenza di un testo di oltre 600 pagine, agilmente suddiviso in 43 capitoli, riccamente illustrati con cartine geografiche e fotografie di reperti e altre testimonianze archeologiche. I singoli capitoli risultano ognuno dedicati, con taglio di inchiesta giornalistica, a costruire le tessere di un mosaico di informazioni, considerazioni e, talora, di provocazioni che, preso nel suo insieme, finisce certamente col fornire un gradito momento di arricchimento culturale per ogni persona interessata alle radici storiche della nostra presente società.