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Un vero Pantheon più antico dei miei..., di Benedetta Rossignoli

lunedì 17 gennaio 2005

Questo viaggio culturale nella Sardegna nuragica e pre-nuragica ha dischiuso alla mia riflessione di neofita il mondo ‘architettonicamente’ più antico che io abbia mai avuto modo di vedere. Nuraghe, domus de janas, tombe dei giganti e menhir... a me - “zingara” studiosa di “studiatissimi” miti greci - hanno fatto scorgere un mondo contraddistinto dal fascino del “mito delle origini”.

Fervida credente nel legame tra il mito greco (Wesen) e l’essenza stessa di ciò che esso descrive (Ursprung), mi sono chiesta che cosa “ne dovessi fare” delle impressionanti testimonianze archeologiche che andavamo visitando. Ovverosia, in che rapporto con l’orizzonte culturale da me finora esplorato negli studi - dall’età micenea all’età greca arcaica - dovessi tentare di “collocare” la forma architettonica della tholos nuragica, come pure le strutture più complesse e articolate - talora davvero extra ordinem - come Barumini o Santu Antine.
Queste strutture del IV, del III, del II millennio mi hanno inevitabilmente fatto riflettere in una dialettica di confronto non certo assoluta, bensì relativa; relativa cioè al mio bagaglio di conoscenze che, per quanto antiche, non toccano gli orizzonti cronologici delle aree archeologiche da noi visitate.
Ho riflettuto sui dubbi che esse inevitabilmente sollevavano. Dubbi di cronologia, soprattutto: avvertivo che non potevano non sussistere problemi di fondo generati dai sistemi stessi di riferimento in base ai quali erano state datate - talora non sempre con coerenza - le diverse fasi delle civiltà sviluppatesi nell’isola. Non sempre dalla “lettura” di una determinata struttura era intelligibile il suo inquadramento preciso in età pre-nuragica o post-nuragica. Mancando del tutto di fonti scritte, queste strutture, a mio avviso, presentano ancora problemi “esegetici” su cui l’acume degli addetti ai lavori troverà ampia possibilità di sfogarsi, magari accedendo alle innovazioni della tecnica archeologica (archeo-metallurgia, archeometria, archeoastronomia etc.).
Un’area periferica al mondo greco come la Sardegna è tuttavia teatro di alcune tra le leggende greche più antiche: da Aristeo che vi avrebbe esportato l’arte dell’agricoltura, da Dedalo, il mitico artiere da sempre trait d’union per i Greci tra mondo ellenico e anellenico, costruttore perciò della reggia per il sovrano sicano Minosse, fino a Iolao, il capostipite degli Ilienses in Sardegna. Ebbene, una riflessione a parte mi sovviene pensando proprio alla forma a tholos dei nuraghe e alle tombe dei giganti. Mi si perdoni l’azzardo dell’accostamento, giustificato solo dall’ampia presenza in Sardegna di miti greci, ma, nonostante la vertigine della cronologia, il pensiero correva al mito di Iolao, “di casa” in Sardegna; al fatto che sulla sua tomba giuravano gli eromenoi e gli erastai tebani. Il che mi ha suggerito istintivamente l’idea che questo dato potesse in qualche modo adombrare un nesso, di cui non ricostruiamo più le fasi, venutosi a stabilire tra Oriente e Occidente. Di cui - proprio per la mancanza delle fonti anelleniche - non ricostruiamo più neppure l’entità etnica che per prima avrebbe innescato i processi culturali di scambio forse un tempo evidenti in nessi Est-Ovest come questo. Sappiamo che i processi di attribuzione al sostrato sardo di forme di incivilimento acquisite dall’oriente ellenico (cui la tradizione contrappone lo stato selvaggio degli indigeni), è un’antitesi creata dalla riflessione storiografica greca. Ma lo sappiamo veramente anche quanto tale “stato selvaggio”, tali opere costruite nella “tecnica greca primitiva e in forma di colossali tholoi” (evidente riferimento ai nuraghe) - come dice Pseudo-Aristotele - abbiano influenzato, forse a partire proprio dalla fine del II millennio, la cultura greca “colonizzatrice”?
In Sardegna è tutto così ’prima’ che - anche tradizioni greche arcaicissime come quella memorizzata da Pausania su una migrazione di Tebani alle isole Baleari, pur riaccendendo il dubbio di una qualche connessione tra Est e Ovest - questo “tutto e prima” stride per l’alone di autoreferenzialità in cui, a mio avviso, è ancora avvolta la ricerca sulla Sardegna pre-nuragica e protostorica. Il suo isolamento, protrattosi fino a qualche decennio fa, rispetto al panorama complessivo degli studi sulle civiltà e le culture preistoriche e protostoriche del Mediterraneo potrebbe ora essere progressivamente cancellato da un piano di ricerche sinergico e sistematico.
Di tutto questo, ma soprattutto di quello che ancora c’è da scoprire attorno, nella Sardegna e a est della Sardegna, ringrazio ancora chi, con una intuizione che mancava, ha sottoposto anche alla mia inesperta riflessione la straordinarietà di questa civiltà. Mi scuso, infine, per la vaghezza di queste annotazioni. Spero comunque che possano rendere atto dell’entusiasmo con cui ho cercato di comprendere ciò che vedevamo (e che le guide e i professori “padroni di casa” via via, sapientemente, ci illustravano) alla luce della cultura che studio, ossia quella greca arcaica.