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Relazione dettagliata sul viaggio la “Zingarata dei Sapienti” di Antonio Ibba (archeologo dell’Università di Sassari)

venerdì 14 gennaio 2005

Il viaggio si è svolto nei giorni 23-28 maggio 2003 nell’ambito del progetto (organizzato dalla Nur Neon per conto di Sergio Frau, con il patrocinio dell’Esit e dell’Assessorato al Turismo della Regione Sardegna) mirante a presentare ad un gruppo di personaggi di spicco della cultura, di fama nazionale ed internazionale, aperti al dialogo e privi di preconcetti ideologici, le peculiarità della Sardegna preistorica e protostorica e i problemi scientifici, organizzativi, amministrativi ad essa collegati.

Le visite sono cominciate il 23 maggio dal Museo Archeologico di Cagliari, dove si è fatto il punto sulle peculiarità della Sardegna e si sono evidenziati rapidamente legami e differenze con altre culture del Mediterraneo Orientale e Occidentale; nella stessa giornata si è proseguito quindi con il tempio a pozzo di Cúccuru Nuraxi (Settimo S. Pietro), illustrato dal professor Enrico Atzeni che l’ha scavato e studiato, e con alcuni nuraghi costieri del litorale quartese (nuraghi Diana e Paulis).
Si è visitato (sabato 24) il museo di Laconi con le sue statue menhir del Calcolitico, apprezzando la disposizione dei musei e la cortesia delle guide, i complessi Su Nuraxi di Barumini, Bruncu Màdugui di Gesturi, Pranu Mutteddu di Goni, quest’ultimo grazie alla cortesia del direttore del complesso Sergio E. Arba che ci ha illustrato le caratteristiche del sito, le sue problematiche logistiche e scientifiche e ha discusso con i partecipanti alla “Zingarata” su alcuni aspetti tecnici e cultuali del sito. Domenica 25 maggio è stata dedicata al Sulcis: il villaggio di Serucci (Gonnesa) con il suo monumentale nuraghe, il fascinoso complesso di Grutti’acqua (S. Antioco), la necropoli di Montessu (Villaperuccio), la mostra fotografica di S. Giovanni Suergiu dedicata ai nuraghi costieri della regione, il museo di Santadi ed il laboratorio; a Montessu e Santadi è stata preziosa la guida e la collaborazione del direttore Remo Forresu che si è soffermato su alcune pratiche inumatorie e sulle tecniche di lavorazione della pietra. Durante la giornata di lunedì si è visitato il complesso cultuale di S. Anastasia di Sardara con il didattico museo locale, il museo di Villanovaforru (si rileva la completa disponibilità del direttore Ubaldo Badas che ha illustrato la ricchezza economica e politica della regione), Tharros (illustrata nelle sue problematiche generali dal prof. Raimondo Zucca), le collezioni dell’Antiquarium Arborense di Oristano. Martedì 27 maggio il gruppo si è recato al pozzo sacro di S. Cristina e all’annesso villaggio (con nuraghe a corridoio), al complesso nuragico di Tamùli (Macomer) con la tomba dei giganti e i betili mammellari, alla necropoli di S. Andrea Priu (Bonorva), al nuraghe Santu Antine (Torralba), al monte d’Accoddi (Sassari). La mattina del 28 maggio è stata dedicata al Museo Sanna di Sassari, brillantemente illustrato dal prof. Alberto Moravetti, che ha evidenziato le differenze culturali fra la Sardegna Settentrionale e quella Meridionale ed alcune delle problematiche scientifiche relative alla preistoria e protostoria sarda.
L’inquadramento generale di ogni sito e la loro contestualizzazione nel panorama sardo era normalmente affidata al sottoscritto; le caratteristiche e le curiosità dei singoli monumenti sono state illustrate da studiosi e docenti universitari, che hanno accolto l’invito di Frau, o dalle guide locali (come per esempio a Barumini, Sardara, Oristano, Sant’Andrea Priu, Torralba); l’interdisciplinarietà dei componenti della “Zingarata”, ha permesso quindi proficui dibattiti su aspetti generali e particolari della Sardegna preistorica, protostorica e fenicio-punica, spesso prolungatisi durante i trasferimenti da una località all’altra e proseguiti nel dopocena in albergo. Si è preso coscienza della ricchezza dell’isola sin dal Neolitico recente (Cultura di Ozieri), della grande diffusione dei nuraghi non solo all’interno ma anche lungo le coste, dell’abilità dei Sardi nella metallurgia, della diffusione dei “nuraghi rifasciati” e del loro progressivo abbandono fra il bronzo recente e l’età del ferro. A più riprese si è sottolineata la necessità di cronologie basate su adeguati riscontri stratigrafici ed in generale archeologici, su raffronti con parallele realtà del Mediterraneo orientale ed occidentale; ha suscitato interesse lo spesso strato di fango che nel Campidano ha preservato per secoli molti nuraghi, molti dei quali collassati (difficile stabilire quando) sul lato meridionale o occidentale (“lato a mare”). Gli storici presenti nel gruppo si sono frequentemente chiesti quale fosse la densità abitativa del periodo prenuragico e nuragico, i poliedrici interessi economici e culturali del popolo sardo, cause e modalità dell’insediamento fenicio in Sardegna, tempi di frequentazione e di abbandono dei singoli nuraghi e villaggi, destinazione delle singole torri (fortezze? abitazioni? reggia del capo? centri di controllo sul territorio? opifici? magazzini?).
I dibattiti si sono incentrati anche sulla valorizzazione del patrimonio culturale e sulle strutture scientifiche e logistiche che ne permettano la fruizione: l’impegno delle amministrazioni locali e di alcuni “pionieri”, l’interesse delle Università e delle Soprintendenze (pur con una netta differenziazione fra un metodo “meridionale” ed uno “settentrionale” nella valorizzazione dei siti), il sorgere di numerose cooperative locali, composte di giovani impegnati nella tutela del patrimonio archeologico, talvolta forniti di tecnologie all’avanguardia, la diffusione capillare di strutture ricettive capaci di fornire al turista dei saggi di alta gastronomia locale (carente invece l’organizzazione dei posti letto), rappresentano una realtà che ha lodevolmente migliorato il panorama sardo, rendendolo maggiormente fruibile a turisti e studiosi. È tuttavia risultato innegabile che molto debba ancora esser fatto sia per potenziare i musei e i monumenti già esistenti (in alcuni casi si è purtroppo notata l’assenza di pubblicazioni, brochures, filmati, pannelli, illuminazione, cartelli stradali; non sempre è stato possibile accedere ai monumenti per ragioni di sicurezza), sia per aprire al pubblico centri meritevoli di maggiore attenzione e considerazione, che permetterebbero di meglio comprendere la complessità e la ricchezza culturale della Sardegna e garantirebbero una ricaduta maggiormente diffusa sul territorio.