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Atlantikà vola a Parigi, di Pier Giorgio Pinna

venerdì 21 gennaio 2005

Elmas. Ercole non può fermarsi: le sue fatiche devono continuare. Colpa di Sergio Frau. L’inviato speciale nell’antichità obbliga il povero eroe a fare gli straordinari: da Elmas, presto, la mostra “Atlantikà” si sposterà a Parigi e forse andrà poi in altre capitali.

Un programmino che costerà viaggi estenuanti e nuove levatacce a Herakles (come lo chiamavano i greci), ma che permetterà di far conoscere sempre più le tesi dello scrittore-giornalista del quotidiano “La Repubblica”. Indagini e ricerche complesse, articolate, ingegnosissime. Che, in estrema sintesi, possono riassumersi in pochi temi chiave. Punto numero uno: le prime Colonne d’Ercole conosciute dai progenitori di Alessandro Magno non indicavano i confini occidentali del mondo ellenico nello Stretto di Gibilterra ma nel Canale di Sicilia. Due: è presumibile che la Sardegna fosse la mitica Atlantide evocata da Platone. Tre: il sud dell’isola, più di tremila anni fa, potrebbe aver subìto una devastante inondazione. Quattro: il maremoto o un’onda anomala simile agli tsunami avrebbe minato dalle fondamenta quella civiltà, prova ne sia che il villaggio di Barumini è stato riscoperto dal padre dell’archeologia sarda, Giovanni Lilliu, sotto quasi trenta metri di fango. Cinque: il disastro diede luogo all’emigrazione forzata di gruppi nuragici verso l’attuale Toscana, esodo alla probabile origine della cultura etrusca. Di questo, e di molto altro, si parla nella mostra all’aeroporto di Elmas. L’esposizione chiuderà tra pochi giorni. Nel frattempo si può ancora percorrere un itinerario meraviglioso. Tra sagome di guerrieri fatti rivivere grazie all’ingrandimento delle riproduzioni di bronzetti. Tra documentari e programmi tv sulle Colonne e su Ercole, oltre che sul suo discendente più attento, Sergio Frau. Tra manifesti coloratissimi e maxi-foto suggestive. Tra raccolte di articoli, reportage, inchieste, commenti, opinioni, interventi, critiche: una rassegna dettagliatissima sul lavoro del giornalista-scrittore. Tutto in un allestimento avvincente, luminoso, che ha visto, ora dopo ora, giorno dopo giorno, per tre mesi, il coinvolgimento appassionato di migliaia di passeggeri, per niente distratti dagli aerei a poche decine di metri in atterraggio e in partenza o dai continui annunci di Alitalia e AirOne. “Sino a oggi non mi era ancora capitato d’impaginare un aeroporto - spiega, non senza ironia, Sergio Frau - Ma credo ne sia valsa la pena”. All’opera, sin dall’inizio defatigante, il giornalista ha lavorato con l’aiuto di Gherardo Gherardini, Ignazio Pinna, Ennio Meloni e l’editore Giovanni Manca, distributore in Sardegna del libro-inchiesta. “Con loro ce lo siamo detto da subito che questa non era una rassegna destinata ai Sardi - aggiunge Frau - I Sardi lo sanno da sempre che l’isola è stata grande, grandissima, una Manhattan del secondo millennio avanti Cristo, con torri-grattacielo che facevano fantasticare l’intero Mediterraneo per quant’erano belle, possenti, audaci”. Il discorso fila, soprattutto quando si osservano le decine di splendide immagini in aeroporto. Frutto di una minuziosa ricerca sul campo fatta da sei fotografi bravissimi. I nomi? Eccoli. Francesco Cubeddu, di Seneghe, guida ambientale, campione di parapendio e di scatti panoramici. Marcello Farris, responsabile di un prezioso archivio iconografico. Mario Garbati, cagliaritano autore di pubblicazioni specialistiche. Gian Mario Marras, di Bonorva, protagonista di reportage geografici. I fratelli nuoresi Domenico e Franco Stefano Ruiu, tra i più importanti documentaristi d’ambiente. Sul fronte delle illustrazioni si deve a questi professionisti l’effetto quasi ipnotico che la mostra suscita. Attraverso le loro stupende sequenze, pur a distanza di secoli, è possibile afferrare del tutto le ipotesi di Frau. Si capisce come l’isola fosse “blindata da torri, coste e portenti”. Come le pagine mancanti del nostro album di famiglia possano trovare qui spiegazioni convincenti. Come e perché gli Shardana abbiano combattuto per il faraone egiziano Ramses III. E quasi si possono toccare “i vecchi sempre giovani”, “i mille metalli”, “le eterne primavere, e le armi, e le navi, e gli eserciti". Si può capire - in definitiva - come Poseidone diede il suo "schiaffo" all’isola di Atlante, il drammatico inizio dell’Età del fango, il “rimpianto” per il perduto tempo dell’oro. Così, dopo il successo di Elmas, tutto lascia pensare che la mostra ne conoscerà di nuovi. Le premesse ci sono. Negli scorsi mesi la rivista dell’Unesco, “Diogène”, ha dedicato un intero numero all’inviato nell’antichità. E negli ambienti culturali parigini si parla già dell’imminente rassegna. “Sardegna, Isola Mito” è insomma un messaggio pronto a varcare le Alpi. Ma su Herakles e sulle sue Colonne ci sono altre novità di stagione. Eccone qualcuna. “Diogène”, che aveva fatto lo special dal titolo “La Mediterranée revisitée”, sta ora uscendo in inglese, tedesco, spagnolo e cinese. Sempre a Parigi, l’archeologo-principe della Tunisia e accademico di Francia Beschausch, a nome di Mounir Bouchenaki (responsabile del settore cultura Unesco), ha annunciato che la stessa istituzione farà un convegno sulle antiche sorprese rivelate da Frau. Proprio in quell’occasione (fine dicembre-primi di gennaio) Ercole e il Far West dei greci voleranno a Parigi per la mostra, con incontri paralleli alla Maison d’Italie. Da sottolineare, infine, una recensione su “Universo” firmata da Salvatore Arca, direttore dell’Istituto Geografico Militare. "Nel Mediterraneo lo scenario geopolitico mutò quando Roma piegò la potenza cartaginese e abbatté le barriere che fino ad allora avevano riservato ai punici il controllo del bacino occidentale di quello che sarebbe diventato il mare nostrum - si legge tra l’altro nel saggio -. Il volume di Frau mette a fuoco aspetti oscuri... dai brumosi albori della nostra civiltà risuonano nomi di popoli che senz’altro abitarono la Sardegna, pur rimanendo in una fascia indefinita nella quale il mito si confonde con la storia: i Tyrsanoi, ovvero i Costruttori di torri, mutati poi in Tyrranoi e quindi in Tyrreni”. Un percorso quasi magico. Che continuamente riporta a Ercole e alle sue imprese, in un modo che non conosce mai una vera fine. Millennio dopo millennio. Secolo dopo secolo. Sino ad arrivare a oggi, al momento nel quale le dodici fatiche di Herakles rischiano di diventare di più. Per colpa, o per merito, di Sergio Frau.

Un box: tutti i numeri di questa mostra

30.000. Arrotondata per difetto, la cifra indica le persone che sinora hanno visitato la mostra di Elmas. Secondo i dati ufficiali forniti dalla Sogaer, in luglio e in agosto sono transitati in aeroporto più di mezzo milione di passeggeri. Già altri centomila dovrebbero esserci passati nelle prime settimane di settembre. Se almeno uno su venti si è interessato alla rassegna, il calcolo è presto fatto.
150. Sono le foto (da 70 centimetri per un metro) con bronzetti fatti sagome e alti un metro e 80 ciascuno; costumi di Desulo, Orgosolo, Sorgono, Oliena; e documenti/sorpresa come 15 nuraghi del Sinis ancora sotto il fango - com’era Barumini fino a 50 anni fa - fotografati per la prima volta da Francesco Cubeddu con il suo parapendìo.
1.000. I metri quadrati della superficie espositiva della mostra. Inserita nel contesto c’è anche la bellissima ricostruzione di una "nave" delle dimensioni di 7 metri per tre.
23.000. Le copie vendute sino a oggi de "le Colonne d’Ercole", il fortunato libro di Frau diventato in breve tempo un caso letterario e le cui inchieste stanno alla base della mostra di Elmas.
3. Gli anni di studi forsennati, inchieste approfondite e viaggi sul campo dedicati da Sergio Frau all’opera. Padre cagliaritano e madre bergamasca, il giornalista e scrittore è nato a Roma nel 1948. Inviato speciale, lavora a "Repubblica" sin dalla fondazione. Al quotidiano ha potuto acquisire un’esperienza in diversi campi curando la bellezza di 700 supplementi sugli argomenti più diversi.

Pubblicato su “La Nuova Sardegna” del 24 settembre 2004