Home > Atlantikà > Un bilancio, i progetti > La Zingarata dei Sapienti > Progetto per una indagine sul campo..Check-up del fango di Sardegna. La (...)

Progetto per una indagine sul campo..Check-up del fango di Sardegna. La geologia a supporto delle testimonianze degli Antichi e delle ricerche di Sergio Frau, di Mario Tozzi (Cnr/Italia)

venerdì 21 gennaio 2005

Introduzione. Il nuovo quadro geologico dei fondali del Mediterraneo parla molto chiaro e il libro di Sergio Frau “le Colonne d’Ercole, un’inchiesta” lo dimostra bene: c’è una sola zona che poteva fungere da confine del mondo conosciuto prima che i commerci si spingessero più a Occidente, la sola zona che possiede fondali insidiosi per la navigazione per via del loro essere limacciosi e costellati di secche, è il Canale di Sicilia.

E’ ancora la geologia a dirci che i fondali dello stretto di Gibilterra sono profondi più di 300 metri e che non c’è mai stato laggiù quel fango che gli antichi descrivevano alle Colonne d’Ercole. Ma anche sulla collocazione di Atlantide evidenze geologiche avevano già fatto escludere da tempo l’isola cicladica di Santorini per via delle prove paleomagnetiche: i manufatti in terracotta dell’antica Thira (Akrothiri) si comportano come argille naturali in cui i granuli magnetici normalmente presenti si riorientano parallelamente al campo magnetico terrestre se riscaldati al di sopra di una certa temperatura (come quella dei forni in cui venivano cotti o di incendi). Confrontando quei dati con quelli provenienti dell’eruzione spaventosa di Santorini (XVI secolo prima di Cristo) si è escluso che la distruzione della civiltà minoica potesse essere contemporanea ai maremoti conseguenti a quella catastrofe, dunque, che Atlantide potesse coincidere con la Creta dei palazzi di Cnosso.
I nuraghes della costa sarda meridionale e occidentale, quelli a quote basse, risultano tutti distrutti nella parte superiore, con le grandi pietre gettate a terra, mentre quelli contemporanei della Sardegna settentrionale sono ancora oggi in piedi. Il problema è: sono possibili terremoti o maremoti in un’isola da sempre ritenuta tranquilla da un punto di vista tettonico? La geologia potrebbe tentare di dare una risposta decisiva attraverso sondaggi opportunamente collocati nella valle del Campidano, vicini ai nuraghes ricoperti da una melma fangosa che ha tutta l’aria di essere un residuo di un’inondazione, o, addirittura, di un maremoto. In tutto il mondo le rocce di maremoto (tsunamiti) permettono di riconoscere le catastrofi del passato: l’ipotesi dell’asteroide che avrebbe causato la scomparsa dei dinosauri riposa in parte su prove come queste.
Come è noto, nella ricostruzione platonica, l’isola di Atlante risulta essere ricca di acqua e foreste, con un clima dolce che permettesse più raccolti all’anno e, soprattutto, tanto ricca di minerali (argyròphleps nesos, “l’isola dalle vene d’argento” così i Greci battezzarono la Sardegna) da permettersi cerchie di mura concentriche di ogni metallo. La Sardegna possiede miniere vastissime di zinco e di piombo argentifero il cui tenore, oltre 3000 anni fa, doveva essere elevatissimo, tanto da giustificare recuperi importanti. Uno studio delle miniere sarde più antiche può aiutare a esaminare meglio questa tematica mineralogico-petrografica.

Obiettivi
1. Valutazione della natura del record stratigrafico riferibile al periodo in cui - secondo la ricerca di Frau - si è avuta la crisi della civiltà nuragica (1200 a.C.); 2. verifica dell’eventuale esistenza di depositi interpretabili come tsunamiti; 3. possibile spiegazione della crisi della civiltà nuragica come dovuta ad un evento disastroso (mega-tsunami) e/o alla coazione di più eventi (tsunami e terremoti); 4. implicazioni, in termini di protezione civile e prevenzione, per una valutazione qualitativa e quantitativa dei rischi legati al ripetersi di eventi naturali a carattere catastrofico; 5. valutazione dell’evoluzione del tenore in argento delle miniere sarde del Sulcis-Iglesiente.

Attività Previste
Attività 1. Censimento e georeferenziazione (con quote altimetriche) dei nuraghi noti e ipotizzabili. Nel caso che si presentino disgregati, definizione dell’eventuale orientazione ed estensione cono di detriti.
Metodologie 1. Interpretazione immagini da satellite e foto aree per censire eventuali nuraghi non noti e per definire caratteristiche eventuale cono di detriti. Nuova lettura delle carte topografiche; 2. Georeferenziazione dei dati interpretati. Rilievi di terreno per verifiche dirette ed eventuali rilievi GPS; applicazioni di tecniche geofisiche per verifiche indirette di eventuali indizi di nuraghi precedentemente non noti o di eventuali ipotetici coni di detriti (georadar, gravimetria, resistività elettrica campo magnetico).
Attività 2.Verifica dell’eventuale presenza nella piana del Campidano di depositi marini riferibili al periodo in cui si è verificata la crisi della civiltà nuragica (1200 a.c.) e della loro interpretabilità come tsunamiti; analisi delle loro caratteristiche.
Metodologie 1. Rilievi di terreno; mappatura ed analisi di eventuali depositi recenti riferibili al periodo in esame; 2. Esecuzione di carotaggi superficiali (quanti almeno una 20-30); 3. Analisi sedimentologiche, paleontologiche e geochimiche sulle carote prelevate.
Attività 3.Verifica dell’evoluzione mineralogico-petrografica delle miniere sarde del Sulcis-Iglesiente.

Organizzazione della Ricerca
Questa ricerca potrà essere sviluppata in un anno. Durante i primi 2 mesi saranno effettuate la raccolta dei dati bibliografici, l’analisi delle immagini da satellite e delle foto aree, una prima selezione dei siti dove eseguire i sondaggi, la preparazione dei successivi rilievi di terreno con attività di scouting. Nei successivi 3 mesi saranno realizzate le campagne di rilevamento archeologico per il censimento dei nuraghi e di rilevamento geologico sui depositi recenti della piana del Campidano. Di seguito, in un periodo di circa 2 mesi, si provvederà alla realizzazione dei carotaggi e i rilievi geofisici. Infine, nei restanti 5 mesi, si provvederà alle analisi di laboratorio ed all’interpretazione dei dati raccolti.

Partecipanti campagna geologica (da coordinare con quella archeologica)
Mario Tozzi (responsabile scientifico e coordinamento della ricerca geologica).
Davide Scrocca (coordinamento della ricerca, organizzazione delle banche dati, elaborazioni in ambito GIS e ricostruzione 3D); esperto di Quaternario molto recente o di tsunamiti; esperto di mineralogia e petrografia dei minerali di piombo. 2 borse di studio (o assegno di ricerca); 1 archeogeologo; 1 geologo con competenze sul quaternario. Per la realizzazione di questa ricerca, si dovrebbe prevedere l’assegnazione di due borse di studio (o assegni di ricerca):
1. Le attività di ricerca previste per la prima borsa di studio (a carattere più archeologico) prevedono il censimento di nuraghi e coni di detrito e rilievi di terreno con tecniche proprie dell’archeologia; organizzazione delle banche dati.
2. Le attività di ricerca previste per la
ogetto per una indagine sul campo.
Check-up del fango di Sardegna

La geologia a supporto delle testimonianze degli Antichi e delle ricerche di Sergio Frau.

di Mario Tozzi (Cnr/Italia)

Introduzione. Il nuovo quadro geologico dei fondali del Mediterraneo parla molto chiaro e il libro di Sergio Frau “le Colonne d’Ercole, un’inchiesta” lo dimostra bene: c’è una sola zona che poteva fungere da confine del mondo conosciuto prima che i commerci si spingessero più a Occidente, la sola zona che possiede fondali insidiosi per la navigazione per via del loro essere limacciosi e costellati di secche, è il Canale di Sicilia. E’ ancora la geologia a dirci che i fondali dello stretto di Gibilterra sono profondi più di 300 metri e che non c’è mai stato laggiù quel fango che gli antichi descrivevano alle Colonne d’Ercole. Ma anche sulla collocazione di Atlantide evidenze geologiche avevano già fatto escludere da tempo l’isola cicladica di Santorini per via delle prove paleomagnetiche: i manufatti in terracotta dell’antica Thira (Akrothiri) si comportano come argille naturali in cui i granuli magnetici normalmente presenti si riorientano parallelamente al campo magnetico terrestre se riscaldati al di sopra di una certa temperatura (come quella dei forni in cui venivano cotti o di incendi). Confrontando quei dati con quelli provenienti dell’eruzione spaventosa di Santorini (XVI secolo prima di Cristo) si è escluso che la distruzione della civiltà minoica potesse essere contemporanea ai maremoti conseguenti a quella catastrofe, dunque, che Atlantide potesse coincidere con la Creta dei palazzi di Cnosso.
I nuraghes della costa sarda meridionale e occidentale, quelli a quote basse, risultano tutti distrutti nella parte superiore, con le grandi pietre gettate a terra, mentre quelli contemporanei della Sardegna settentrionale sono ancora oggi in piedi. Il problema è: sono possibili terremoti o maremoti in un’isola da sempre ritenuta tranquilla da un punto di vista tettonico? La geologia potrebbe tentare di dare una risposta decisiva attraverso sondaggi opportunamente collocati nella valle del Campidano, vicini ai nuraghes ricoperti da una melma fangosa che ha tutta l’aria di essere un residuo di un’inondazione, o, addirittura, di un maremoto. In tutto il mondo le rocce di maremoto (tsunamiti) permettono di riconoscere le catastrofi del passato: l’ipotesi dell’asteroide che avrebbe causato la scomparsa dei dinosauri riposa in parte su prove come queste.
Come è noto, nella ricostruzione platonica, l’isola di Atlante risulta essere ricca di acqua e foreste, con un clima dolce che permettesse più raccolti all’anno e, soprattutto, tanto ricca di minerali (argyròphleps nesos, “l’isola dalle vene d’argento” così i Greci battezzarono la Sardegna) da permettersi cerchie di mura concentriche di ogni metallo. La Sardegna possiede miniere vastissime di zinco e di piombo argentifero il cui tenore, oltre 3000 anni fa, doveva essere elevatissimo, tanto da giustificare recuperi importanti. Uno studio delle miniere sarde più antiche può aiutare a esaminare meglio questa tematica mineralogico-petrografica.

Obiettivi
1. Valutazione della natura del record stratigrafico riferibile al periodo in cui - secondo la ricerca di Frau - si è avuta la crisi della civiltà nuragica (1200 a.C.); 2. verifica dell’eventuale esistenza di depositi interpretabili come tsunamiti; 3. possibile spiegazione della crisi della civiltà nuragica come dovuta ad un evento disastroso (mega-tsunami) e/o alla coazione di più eventi (tsunami e terremoti); 4. implicazioni, in termini di protezione civile e prevenzione, per una valutazione qualitativa e quantitativa dei rischi legati al ripetersi di eventi naturali a carattere catastrofico; 5. valutazione dell’evoluzione del tenore in argento delle miniere sarde del Sulcis-Iglesiente.

Attività Previste
Attività 1. Censimento e georeferenziazione (con quote altimetriche) dei nuraghi noti e ipotizzabili. Nel caso che si presentino disgregati, definizione dell’eventuale orientazione ed estensione cono di detriti.
Metodologie 1. Interpretazione immagini da satellite e foto aree per censire eventuali nuraghi non noti e per definire caratteristiche eventuale cono di detriti. Nuova lettura delle carte topografiche; 2. Georeferenziazione dei dati interpretati. Rilievi di terreno per verifiche dirette ed eventuali rilievi GPS; applicazioni di tecniche geofisiche per verifiche indirette di eventuali indizi di nuraghi precedentemente non noti o di eventuali ipotetici coni di detriti (georadar, gravimetria, resistività elettrica campo magnetico).
Attività 2.Verifica dell’eventuale presenza nella piana del Campidano di depositi marini riferibili al periodo in cui si è verificata la crisi della civiltà nuragica (1200 a.c.) e della loro interpretabilità come tsunamiti; analisi delle loro caratteristiche.
Metodologie 1. Rilievi di terreno; mappatura ed analisi di eventuali depositi recenti riferibili al periodo in esame; 2. Esecuzione di carotaggi superficiali (quanti almeno una 20-30); 3. Analisi sedimentologiche, paleontologiche e geochimiche sulle carote prelevate.
Attività 3.Verifica dell’evoluzione mineralogico-petrografica delle miniere sarde del Sulcis-Iglesiente.

Organizzazione della Ricerca
Questa ricerca potrà essere sviluppata in un anno. Durante i primi 2 mesi saranno effettuate la raccolta dei dati bibliografici, l’analisi delle immagini da satellite e delle foto aree, una prima selezione dei siti dove eseguire i sondaggi, la preparazione dei successivi rilievi di terreno con attività di scouting. Nei successivi 3 mesi saranno realizzate le campagne di rilevamento archeologico per il censimento dei nuraghi e di rilevamento geologico sui depositi recenti della piana del Campidano. Di seguito, in un periodo di circa 2 mesi, si provvederà alla realizzazione dei carotaggi e i rilievi geofisici. Infine, nei restanti 5 mesi, si provvederà alle analisi di laboratorio ed all’interpretazione dei dati raccolti.

Partecipanti campagna geologica (da coordinare con quella archeologica)
Mario Tozzi (responsabile scientifico e coordinamento della ricerca geologica).
Davide Scrocca (coordinamento della ricerca, organizzazione delle banche dati, elaborazioni in ambito GIS e ricostruzione 3D); esperto di Quaternario molto recente o di tsunamiti; esperto di mineralogia e petrografia dei minerali di piombo. 2 borse di studio (o assegno di ricerca); 1 archeogeologo; 1 geologo con competenze sul quaternario. Per la realizzazione di questa ricerca, si dovrebbe prevedere l’assegnazione di due borse di studio (o assegni di ricerca):
1. Le attività di ricerca previste per la prima borsa di studio (a carattere più archeologico) prevedono il censimento di nuraghi e coni di detrito e rilievi di terreno con tecniche proprie dell’archeologia; organizzazione delle banche dati.
2. Le attività di ricerca previste per la seconda borsa di studio (a carattere più geologico) prevedono studi sulla geologia del quaternario nella piana del Campidano: rilievi di terreno, assistenza durante l’esecuzione dei carotaggi e durante le analisi di laboratorio (sedimentologiche, geochimiche e paleontologiche); organizzazione delle banche dati.